10.18.2012

L'Inferno di Dante: il Canto V (parte II)

Paolo e Francesca - Edward Charles Hallé
Testo (vv.40-87)
E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: "Maestro, chi son quelle
genti che l’aura nera sì gastiga?".
"La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper", mi disse quelli allotta,
"fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.
L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.
Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch’amor di nostra vita dipartille.
Poscia ch’io ebbi ’l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
I’ cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri".
Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno".
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!".
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere, dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettüoso grido.

Paolo e Francesca sorpresi da Giangiotto - Jean-Auguste-Dominique Ingres (1845)

E come li stornei … minor pena: “E come le ali portano gli stornelli d’inverno in una schiera ampia, compatta e fitta, così quel vento[1] portava gli spiriti dei dannati, li trasporta in alto, in basso, a destra, a sinistra”.
I primi versi in cui compare la similitudine con gli uccelli.
La passione sbatte questi dannati, completamente abbandonati a se stessi, da una parte e dall’altra perché come in vita non furono in grado di contrastarne la forza, ora, in morte, non possono gestire quella del vento. Nessuna speranza li conforta mai. Speranza però non di una pausa, ma di un miglioramento della pena. 
E come i gru … gastiga?»: “E come le gru procedono cantando i loro lamenti, una dietro l’altra in cielo, non per stormi compatti come gli altri, allo stesso modo io vidi venire, lamentandosi in continuazione, ombre trasportate dalla tempesta di cui ho appena parlato. Per questo io dissi «Maestro, chi sono quelle anime che il vento che soffia nel buio (oppure: il vento maligno. In ogni caso è una sinestesi) castiga così violentemente?»”.
Le gru sono una sorta di specificazione: gli “stornei” rappresentano infatti le anime dei peccatori di questo cerchio in senso generico, mentre le gru hanno caratteristiche proprie che Dante, lipperlì, non riesce a cogliere, perciò deve chiedere spiegazioni a Virgilio. 
«La prima di color … corregge: «La prima di coloro di cui tu vuoi sapere notizie», mi disse allora Virgilio, «fu imperatrice di molti popoli che parlavano lingue diverse (metonimia), fu così propensa al vizio di lussuria che nella sua legislazione rese lecita la libidine (ovvero, legittimò il comportamento lussurioso) per togliere a se stessa il biasimo in cui era caduta. Ella è Semiramide, di cui si legge che fu sposa e successore di Nino»”.
Comincia il cosiddetto “elenco”: tutti i personaggi appartengono ad una stessa etica (non cristiana). E si comincia con un personaggio storico sospettato di incesto.
Dante commette un errore geografico: confonde la Babilonia d’Egitto con quella assiro-mesopotamica.
L’altra è … Sicheo: «Quella che segue è Didone che si uccise per amore e prima di uccidersi ruppe la fedeltà giurata al marito Sicheo per amore di Enea (Dante parafrasa Virgilio)»”.
Il secondo personaggio che compare è letterario, non storico.
Poi è Cleopatra lussuriosa: «Poi c’è Cleopatra lussuriosa»”.
Altro personaggio storico, che era simbolo di lussuria già nel medioevo. Cleopatra, della dinastia Lagide, era regina d’Egitto. Si suicidò per non cadere nelle mani di Ottaviano.
Elena vedi … combatteo: «Vedi Elena, per via della quale si combatterono 10 anni inutili. E vedi il grande Achille che ebbe come avversario l’amore nella sua ultima battaglia che però non vinse»”.
Nel Medioevo si credeva che Elena, moglie di Menelao e amante di Paride, fosse morta nella distruzione di Troia.
Per Achille, Dante fa riferimento ai volgarizzamenti del ciclo troiano che erano in voga nel Duecento secondo cui l’eroe greco si innamorò di Polissena ma, quando si recò da lei per sposarla, il padre della fanciulla, Priamo, lo uccise in un’imboscata.
Entrambi sono personaggi letterari. 
Vedi Parìs, Tristano … vita dipartille: «Vedi Paride e Tristano». E mi mostrò più di mille  anime, che furono separate dalla vita per via della passione amorosa, e me le indicò col dito dando poi loro un nome”.
Paride e Tristano sono ancora personaggi letterari e quest’ultimo fa da trait d’union tra l’età classica e quella contemporanea a Dante.
“Mille” è un numero iperbolico per dire un gran numero.
Dante con questo alternarsi di personaggi storici e letterari vuol dimostrare che storia e letteratura hanno lo stesso valore testimoniale. Il suo scopo è mettere in scena personaggi che l’amore abbia trascinato via dalle loro rette inclinazioni e che ne siano stati stravolti. Gli esempi, dunque, li prende da dove capita: storia o letteratura che sia.
Quello appena concluso è, sì, l’elenco in cui Dante mette in luce la sua grande cultura, ma non solo: così facendo Dante ha creato lo sfondo dell’episodio centrale del Canto, ovvero l’incontro con Paolo e Francesca.
Quelli dell’elenco, poi, sono tutti personaggi che hanno in comune la nobiltà, l’elevata condizione sociale (il livello minimo è rappresentato da Tristano) e la tragicità. Infatti, secondo la classicità, n certo genere e un certo stile si addicono solamente a personaggi con determinate caratteristiche (non a caso, quelle tratteggiate da Dante). Inoltre, in questa serie di nomi, emerge un altro filo rosso: sia l’etica classica sia quella cortese rispondono alla stessa idea dell’amore, che è un amore terreno, fisico, carnale, passionale. Le due grandi culture, classica e cortese, dunque, son messe in discussione: la classica ha già subito un “processo” nel Canto precedente, ora invece è il momento della cultura cortese, che della classica è diretta erede.
Poscia ch’io ebbi … smarrito: “Dopo che ebbi udito Virgilio nominare le donne antiche e i cavalieri (tipica attualizzazione medioevale), pietà (cioè angosciosa pena) mi giunse tanto che (quasi una consecutiva) fui smarrito (ovvero: quasi persi i sensi a causa di questa dolorosa meditazione interiore a cui mi indussero gli spiriti antichi e quello che mi stava presentando agli occhi)".
L’ultimo verso di questa terzina è diviso in due emistichi dalla virgola, che serve a mettere in luce la sensazione provata da Dante: se infatti la prima esperienza dei dannati lo aveva portato ad un senso di smarrimento vicino alla perdita dei sensi, quella di Francesca lo farà proprio svenire. Quasi come fosse un climax emozionale del protagonista, dell’agens.
Questa terzina, chiaramente di passaggio, è quella che permette di capire il valore della prima e della seconda parte (nell’idea di inscindibilità del testo).
Siamo al v.73, proprio al centro del Canto, dove la parte corale funge da introduzione all’assolo di Francesca. Dante riprende il discorso e chiede a Virgilio di parlargli di due anime, le uniche due, che procedono insieme e sembrano essere trasportate dal vento molto più velocemente delle altre.
I’ cominciai … essere leggeri: “Io cominciai a dire: «Poeta, parlerei volentieri a quei due che vengono trasportati insieme dal vento e paiono essere trasportati più velocemente degli altri dalla tempesta».
Le anime sono quelle degli amanti Paolo e Francesca, che paiono abbandonarsi alla tempesta con più forza degli altri perché la passione che li ha travolti in Terra è molto più forte e duratura di quelle di tutte le altre anime. Dante è colpito dalla singolarità, perché la loro pena contrasta la norma di essere trasportati singolarmente nell’Inferno: perché sono insieme?
Per due motivi: da un lato, perché l’essere insieme è un’attenuazione della pena nella buia notte infernale; dall’altro, perché, in un certo senso, è come se fosse un’intensificazione della pena (il peccato che li ha dannati in vita, ora li fissa a ricordarlo sempre e per sempre).
Ed elli … ei verranno” : “Ed egli mi disse: «Lo vedrai quando saranno più vicini a noi, pregali per quell’amore (identificato con la tempesta) che li trascina e loro verranno».
Identifica, così, pena e movente della pena: amore li ha fatti peccare e, ora, continua a travolgerli nell’Inferno.
Sì tosto … nol niega!”: Non appena il vento le piegò verso di noi, dissi “O anime affannate, venite a parlarci se Dio non lo vieta!»”.
“Affannate” sta per tormentate, termine scelto per sottolineare il dolore che viene accresciuto dal modo straordinariamente veloce con cui le due anime sono trasportate, modo che Dante intuisce essere corrispettivo al tormento che ebbero in vita.
Quali colombe … grido: “Come colombe (umanizzate e ingentilite) chiamate dal desiderio (termine chiave) che volano per l’aria serena di primavera[2] con le ali alti e ferme al dolce nido portate dalla loro volontà, così esse (le anime di Paolo e Francesca) uscirono dalla schiera di Didone[3] per l’aria nera e malvagia, così forte fu il mio richiamo affettuoso”.
Questa è la terza comparazione ornitologica del Canto. In essa, il dolce nido è diventato l’abisso più doloroso per l’uomo ed è evidente il contrasto cromatico dei due destini: uno limpido, l’altro buio. Le anime vanno subito verso Dante perché intuiscono il suo desiderio di parlare con loro, un desiderio contenuto in quel grido di richiamo affettuoso (ma non è chiaro se sia pieno di affetto e di tenerezza per loro o se invece lo sia di desiderio per via della curiosità).


Morte di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta - Alexandre Cabanel (1870) 


[1] Dal latino FLATUS.
[2] Si noti il termine LIQUIDUM, utilizzato da Virgilio proprio per la descrizione dell’aria e del cielo sereni.
[3] Didone viene citata sia per omaggio a Virgilio sia perché è la più celebre eroina morta per passione amorosa.

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